Cronaca

‘Infarto non riconosciuto’
ad Umberto Chiarini
Parola ai consulenti

CASALMAGGIORE/CREMONA – Parola ai consulenti, nel processo a carico del medico del pronto soccorso dell’ospedale Oglio Po di Casalmaggiore Mimo Mantovani e del cardiologo Mario Luigi Parrinello. I due sono accusati di omicidio colposo per aver provocato la morte di Umberto Chiarini, di 66 anni, noto ambientalista, stroncato da un infarto il 16 giugno del 2011. Nell’udienza di lunedì il giudice Pierpaolo Beluzzi ha acquisito la consulenza tecnica dei due esperti del pm, il medico legale Yao Chen e il cardiologo Walter Bonini, mentre ha sentito i consulenti di parte civile e gli esperti delle difese.

Nel procedimento, la famiglia di Umberto Chiarini si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Paolo Antonini. Secondo i consulenti di parte civile, il medico legale Paolo Germani e il cardiologo Umberto Guiducci, la responsabilità dei due imputati sarebbe concorrente, in quanto, vista la presenza del valore della troponina, che è il marcatore dell’alterazione coronarica, il paziente non avrebbe dovuto essere dimesso. Per gli esperti, gli esami del sangue e l’elettrocardiogramma avrebbero dovuto essere ripetuti almeno per sei ore.

Dai dati dell’elettrocardiogramma, però, come hanno sottolineato i consulenti della difesa Parrinello, il medico legale Lorenzo Polo e il cardiologo Giuseppe Talarico, non sembravano essere in corso alterazioni cardiache. Parrinello avrebbe avuto a disposizione solo questo dato, in quanto non avrebbe fatto in tempo a visionare gli esami della troponina chiesti da Mantovani perché erano stati stampati successivamente. Mantovani, al contrario, avrebbe dovuto accorgersi dello sforamento della troponina e quindi non avrebbe dovuto dimettere il paziente.

Infine hanno parlato i consulenti della difesa di Mimo Mantovani, il medico legale Massimo Alonzo e il cardiologo Luigi Vignali. Gli esperti hanno evidenziato che gli esami che aveva ordinato Mantovani non sarebbero stati univoci e che a maggior ragione sarebbe stato necessario effettuare un controllo seriale, sia come esame di elettrocardiogramma, che lo stesso Parrinello avrebbe definito scadente e non chiaro, che di verifica degli enzimi.
Durante l’udienza, comunque, è stato sottolineato che possono esistere altre concause che provocano un innalzamento dei valori, cosa che non è sempre riconducibile ad un infarto. Il paziente, un uomo di 66 anni, ex fumatore ed iperteso, lamentava dolori al torace. Mantovani aveva chiesto a Chiarini di fermarsi in ospedale, ma non aveva trovato il consenso del paziente. D’altra parte, come hanno ricordato i consulenti, lo stesso Parrinello aveva escluso l’infarto.

Nel processo, Mimo Mantovani è difeso dall’avvocato Gian Pietro Gennari, mentre Luigi Parrinello è assistito dall’avvocato Diego Munafò.

Il 13 giugno 2011 Chiarini si era presentato al pronto soccorso lamentando un dolore retro sternale. Al termine della visita il 66enne era uscito dall’ospedale con la diagnosi di “dolore toracico in paziente affetto da gastrite”. Nei giorni successivi erano comparsi dolore toracico e febbre, fino al 16 giugno, quando, dopo una visita presso il proprio medico curante, alla sera era sopraggiunto l’infarto che lo aveva ucciso. Secondo i consulenti della procura, il quadro clinico del 13 giugno “era orientativo di un infarto in atto”. Per gli esperti, “una procedura terapeutica idonea avrebbe potuto, con elevata probabilità, modificare in modo significativo l’evoluzione clinica”.

Il processo è stato aggiornato al prossimo 19 maggio per sentire i testimoni.

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