Santa Chiara risponde:
“Corsi personalizzati,
altro che ghetto”
Nella foto i relatori della conferenza stampa in Santa Chiara
CASALMAGGIORE – La Fondazione Santa Chiara risponde e lo fa con un tono accorato, difendendo la scelta ormai presa e mantenendo la rotta ormai tracciata. I corsi per persone con disabilità si faranno e, come è emerso dalla conferenza stampa convocata martedì mattina alle ore 11 all’interno dell’ex complesso monastico, saranno riservati a ragazzi dai 14 ai 21 anni per un massimo di dodici studenti.
“E’ una scelta che la Regione Lombardia ci consente di fare” ha spiegato la direttrice uscente (a proposito, l’8 febbraio scade il bando per il nuovo direttore) Maria Rosa Concari “e che peraltro ha già preso piede in molte città della Lombardia, tra le quali anche Cremona. L’intento non è di ghettizzare, anzi di accogliere: vogliamo aiutare i ragazzi con disabilità a socializzare e ad assolvere all’obbligo della formazione professionale, con percorsi personalizzati, che non li lascino indietro e non li svantaggino. La stessa legge prevede già che i ragazzi disabili possano essere aiutati con laboratori ad hoc e noi, in fondo, non facciamo altro che realizzare un piano di studi ritagliato su misura per loro, aiutando il loro inserimento anche nel mondo del lavoro, consentendo loro di prendere una qualifica”.
Concari ha spiegato che la decisione di istituire questi corsi, divenuta ufficiale solo a gennaio, è stata presa dopo avere raccolto l’entusiasmo di diversi soggetti avvertiti della novità: dall’Asl, alla Neuropsichiatria Infantile, ai Servizi sociali del comune di Casalmaggiore, agli specialisti preposti. “L’intento” ha ripetuto Concari prima di passare la parola ad Anna Sarzi Amadè “è di favorire l’inclusione, non di emarginare, declinando il percorso formativo sulle loro capacità, senza pretendere un percorso standard. La vera negazione dei loro diritti sarebbe obbligarli a stare al passo con i normodotati, quando questo non sempre è possibile. Tanti saranno i momenti condivisi: da alcune lezioni, all’intervallo, ad esempio. Si tratta di ragazzi che passano già intere giornate alla Santa Federici o in altre strutture meritevoli, assieme ad altre persone con i loro stessi problemi. A scuola non si creerebbe nessun ghetto”.
“Io stessa” ha esordito Anna Sarzi Amadè, che coordina dal 2008 gli insegnanti nel sostegno agli studenti di Santa Chiara con disabilità certificate “ho riflettuto sulla lettera degli insegnanti del Polo e posso capirla, per certi versi, dato che la storia della scuola italiana per decenni ha ragionato sull’esclusione. Però ho compreso la bontà del progetto che c’è a Santa Chiara e so come lavoriamo: noi vogliamo soddisfare un bisogno educativo speciale e offrire a questi giovani un’opportunità anche con strumenti diversi da quelli canonici. Il progetto è includente e non è affatto discriminante”.
Detto che le prime iscrizioni sarebbero già arrivate, la parola è poi passata a Cinzia Dall’Asta, contesa tra due fuochi, essendo infatti insegnante al Polo Romani ma anche membro del Cda di Santa Chiara. “Sono molto dispiaciuta del vespaio suscitato dalla notizia: ci sta il dubbio, forse, ma non la polemica, anche perché so come lavora la Fondazione sulle questioni più delicate”. Poi una nota contro la stampa. “Credo che l’articolo fosse troppo forte, in particolare nel titolo. Forse potevate sentire anche l’altra campana prima di pubblicare”.
Posizione in realtà sconfessata dal consigliere Carlo Stassano, che subito dopo ha preso la parola. “La stampa ha fatto il suo mestiere e pubblicando quella lettera ci ha dato modo di chiarire alcuni punti. Non accetto che si parli di “classi-ghetto”, ma a parlarne è stata la lettera, non il giornale che ha solo riportato fedelmente il contenuto. Personalmente mi batto da una vita per la difesa del debole e del disabile e non accetto queste accuse. Prima di parlare bisogna conoscerli, conoscere il loro mondo e la loro dignità: soprattutto bisogna avere l’umiltà di saper imparare da loro, senza pretendere di insegnare e basta. Ci immergiamo nel loro vissuto per dare sostanza e non solo apparenza, per non illuderci che il loro percorso debba essere identico agli altri e che le loro esigenze siano le stesse degli altri. Quando nella lettera si parla di inserimento mancato, io rispondo citando Vittorina Gementi, fondatrice della Casa del Sole, che nel 1966 diceva che non bisogna parlare di inserimento, perché si inseriscono gli oggetti, non le persone. Qui si parla di crescita. La Regione Lombardia, anzi, si è dimostrata illuminata promuovendo questi corsi”.
Stassano ha ricordato anche alcune leggi ad hoc in questione per poi attaccare, a sua volte, i professori firmatari della lettera del Romani. “Se parliamo di ghetto, allora dobbiamo usare lo stesso termine per tutti i liceali, perché considerati più studiosi, per tutti i professionali, perché sulla carta meno bravi, per tutti gli istituti tecnici, e via discorrendo. Dobbiamo saper distinguere le capacità, invece, e saper ragionare con lealtà. E aiutare il diverso anche con percorsi personalizzati”.
Paolo Vezzoni, presidente della Fondazione, ha preso la parola solo in chiusura. “Era doveroso replicare a quella lettera”. Poi una spiegazione sulla polemica innescata da Paola Cirani, consigliere assente alla conferenza. “Nel Cda si lavora in democrazia, quindi ci sta che qualche membro possa dissentire”. Successivamente però abbiamo insistito su una delle accuse di Cirani. Perché il Cda o per lo meno non tutti i componenti, a suo dire, non sono stati informati del progetto di questi corsi? “Alle volte” ha risposto Vezzosi “i punti all’ordine del giorno sono davvero tanti. Può darsi che qualche passaggio sia passato in secondo piano o sia sfuggito, lo ammetto, anche se altri consiglieri mi hanno garantito che questo tema dei corsi per disabili è stato discusso dal Cda”.
Da par sua, Paola Cirani fa sapere che “come si può evincere dalla comunicazione via mail di domenica 26 gennaio del Presidente ai membri del C.d.A. della Fondazione Santa Chiara, nonché dai verbali in atti dello stesso C.d.A., diversamente da quanto dichiarato nella odierna conferenza stampa, l’argomento relativo all’attuazione di classi per persone disagiate all’interno dei corsi indetti dalla Fondazione stessa non è mai stata né all’ordine del giorno, né oggetto di discussione collegiale”.
Giovanni Gardani
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