Ambiente

Terra dei fuochi in
Pianura Padana? L’allarme
dell’agronomo Segalla

Nella foto, Paolo Segalla e una pannocchia contaminata

Terra dei Fuochi in Pianura Padana? A chiederselo è l’agronomo casalese Paolo Segalla, che analizza una recente intesa tra le Regioni Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, riguardante il mais contaminato da aflatossine (sostanze altamente tossiche, ritenute tra le più cancerogene esistenti), che inutilizzabile per l’alimentazione umana o animale può essere impiegato per la produzione di biogas.

“Questa scelta mette d’accordo coloro che hanno gli stock di mais contaminato e coloro che lo vogliono comperare per i loro biodigestori. L’offerta e la domanda”: spiega Segalla.

Ecco come prosegue il comunicato dell’agronomo.

Ma abbiamo anche noi una domanda: dato che le aflatossine resistono al trattamento termico nei biodigestori, come pure le spore dei funghi patogeni che le producono, cosa ne sarà dei nostri campi dopo lo spargimento del biodigestato? Per dare una dimensione al problema, ricordiamo che ogni impianto di biogas da un megawatt di potenza produce circa 6-700 quintali di biodigestato al giorno. Tutto materiale che ritorna alla terra.

I nostri concittadini e in particolare gli addetti ai lavori devono avere consapevolezza di un potenziale gravissimo rischio per il nostro territorio. È noto infatti che il contenimento o la riduzione delle aflatossine passa attraverso una serie di buone pratiche integrate in campo, alla raccolta e in essiccatoio, finalizzate anche a ridurre la presenza dei funghi patogeni che le producono. Al contrario, lo spargimento sui terreni del biodigestato contaminato ed inoculato ha l’effetto diretto di aumentare entrambi.

Non va dimenticato che la presenza anche solo ambientale di aflatossine comporta rischi diretti ed elevatissimi per la salute umana, soprattutto per i bambini, anche in assenza di uso alimentare o mangimistico. Su queste cose esiste un ampio consenso scientifico.

C’è una contraddizione profonda tra lo sforzo continuo delle ASL provinciali, che stanno facendo applicare i protocolli HACCP agli essiccatoi di granella di mais e fanno il monitoraggio dei dati ambientali al fine di contenere le aflatossine, e l’intesa tra le Regioni che consente l’impiego di materiale inquinato ed inoculato per i biogas, il cui biodigestato di risulta viene distribuito sul territorio, ponendo le premesse per una maggiore contaminazione futura.

Cosa ne pensano gli allevatori e gli agricoltori che non traggono benefici dal biogas e che sono la stragrande maggioranza, o i rappresentanti delle filiere latte, carne, cerali di qualità, di questa prospettiva? Dove andranno a produrre o a comperare il mais che per loro è il primo fattore di produzione, se il nostro territorio sarà compromesso da una presenza endemica di patogeni?

Crediamo onestamente che le Regioni che hanno redatto l’intesa senza considerare la gestione del biodigestato abbiano agito con leggerezza, e che questa loro azione sia molto pericolosa per il nostro territorio. Ci risulta inoltre che in Regione Lombardia questa intesa sia stata firmata senza neppure richiedere un parere alla autorità sanitarie.

Riteniamo che se si vuole in qualche modo compensare i produttori di mais colpiti dalla calamità delle aflatossine esistano altri mezzi, e che le Regioni abbiano il dovere di cercarli. Riteniamo inoltre che i signori del biogas abbiano il dovere di utilizzare sottoprodotti o, almeno, di acquistare materie prime sane e non inquinate per i loro impianti, e che debbano pagarle a prezzo di mercato, invece di cercare scorciatoie pericolose per tutto l’agroecosistema.

Per fortuna siamo ancora in tempo per fermare lo spargimento di biodigestato inquinato ed inoculato, in quanto ad oggi hanno aderito all’intesa solo pochi biodigestori: è sufficiente bloccare al più presto questa intesa di filiera mais ad uso energetico, e dare avvio ad una ricerca scientifica, anche piccola ma significativa, sui rischi e le opportunità che tale intesa comporta. Questa sarebbe a nostro avviso una scelta nobile, nell’interesse della salute di tutti cittadini, e particolarmente utile per preservare e favorire tutte le filiere agricole esistenti, a partire dalla lattiero casearia che in Pianura Padana è così importante, ma che da questa vicenda potrebbe subire un danno incalcolabile.

D’altra parte, il Ministero della Salute con una sua recente procedura (2012) ha consentito a sua volta l’impiego di mais con alti livelli di aflatossine per la produzione di biogas, lui pure senza porsi il problema del biodigestato contaminato ed inoculato. Anche presso il Ministero è pertanto necessaria una revisione profonda della questione.

Non stiamo facendo dell’allarmismo, solo considerazioni di buon senso che ci portano a pensare con amarezza che quanto sta accadendo in Pianura Padana, con la compiacenza delle istituzioni e sotto ai nostri occhi, assomiglia molto alla vicenda della Terra dei Fuochi: un gruppo di persone specula su materiali contaminati e inquina in modo irrimediabile il territorio. Questa operazione va assolutamente fermata.

Date queste premesse, chiediamo che le istituzioni locali, regionali e nazionali provvedano a fare fronte in modo responsabile e coraggioso al problema, bloccando l’impiego di mais con alto tenore di aflatossine per la produzione di biogas e il conseguente spargimento di biodigestato contaminato ed inoculato sul territorio, e dando avvio ad una seria valutazione delle sue potenziali implicazioni sanitarie, agricole ed ambientali.

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