Politica

Non voglio morire
per il Fisco. E nemmeno per l’Euro

I tormenti del Governo e del Pdl si sovrappongono agli incubi che ci procura un Fisco ormai fuori controllo. Stiamo infilando un autunno da manicomio. Tra “diversamente berlusconiani” ed “autenticamente tartassati” lorisignori disquisiscono di lane caprine mentre gli italiani fanno il record (negativo) di imposte e contributi.

Epperò nemmeno il più cialtronesco bla-bla del dopoguerra riesce a nascondere la deriva che stiamo infilando. Lo ha certificato Confcommercio: occorrono 162 giorni di lavoro (in un anno) per pagare tasse e dintorni. E’ il nostro  massimo storico. Mai ci è  andata così male. Nel 1990 ci bastavano 23 giorni in meno. Lunedì 30 settembre il Fisco italiano è entrato nel Guinnes dei primati. In un sol giorno ha infilato ben 49 scadenze interessando 20 milioni di italiani. Poi in agenda ha messo l’Iva al 22%. Per pagare le tasse ogni azienda italiana dedica l’equivalente di 269 ore di lavoro l’anno: è il doppio della Francia, più del 60% rispetto alla Spagna. Siamo e restiamo un paese vecchio, guidato da vecchi, non competitivo nonostante i  (molti) talenti che mettiamo in campo, le persone di buona volontà, la “sapientia cordis”. Perché accade tutto questo? Perché il cittadino deve diventare matto per sbrigare le pratiche fiscali e muoversi  in una giungla di documenti, versamenti, chiarimenti, fotocopie, chili di carta, vecchi timbri?  “Il Fisco – hanno scritto Massimo Fracaro e Nicola Saldutti sul Corriere Economia – è un po’ come le ere geologiche, strati che si sovrappongono ad altri strati. Leggi su leggi. Circolari che inseguono altre circolari. Tasse che cambiano denominazione e destinatari . Come sta accadendo per l’ex Imu ora pronta a trasformarsi in Service Tax”. Nel gioco delle tre carte restiamo imbattibili.

Eppoi c’è l’Euro. Ci siamo messi nelle sue mani il primo gennaio 2002 e sappiamo come sono andate le cose. Spacciata come “bacchetta magica” – da soloni certamente disinteressati – la nuova moneta non ha affatto risollevato le sorti della nostra economia. Anzi. Guardatevi attorno, è tutto un cartello “vendesi”, “affittasi”.E’ una generale Caporetto . Con buona pace di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, che l’altro giorno si è presentato alla Bocconi (per la commemorazione di Luigi Spaventa) e con la più bella faccia tosta di questo mondo ha detto che “l’Italia è il Paese che ha più guadagnato dall’Euro”. Se le massaie lo incontrano per strada  non so come va a finire. Va ricordato che fino al 2001 con un milione e mezzo di lire una famiglia tirava avanti con dignità. Oggi con l’equivalente in euro si fa la fame.

Gli è che per troppo tempo abbiamo adorato falsi idoli . E molti continuano a farlo. Prendete le tv e i giornali di questi giorni:è una continua, stucchevole, bavosa venerazione alle Borse, al Fondo monetario internazionale, alla Banca centrale europea, ai solisti delle agenzie di rating (ve li raccomando,  quelli), ai capoccioni universitari “telecomandati” dalle cordate di appartenenza. Quelli fanno il loro mestiere, tirano l’acqua al proprio mulino. La Germania, svalutando il marco, è prosperata;l’Italia, perdendo la lira, continua a deperire.

Non ci piacciono i governanti al servizio della moneta unica. Non ci piacciono i governanti (de noantri) che non sanno sbattere i pugni sul tavolo europeo e subiscono la Cancelliera. Non possiamo morire per le tasse. E nemmeno per l’euro. Se continuiamo ad anteporre l’euro agli italiani, le banche alle imprese, lo spread ai valori, non andremo lontano. Sveglia!

Enrico Pirondini

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