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L’OPINIONE – Ci mancava solo la lottizzazione dei ‘saggi’

La creazione dei dieci “saggi” da parte del presidente Napolitano – tre Pd, due Pdl, un montiano, quattro tecnici, nessun grillino – ha creato molte e feroci critiche al punto che il presidente se ne è risentito; tanto da parlare  di “fine surreale” del suo mandato, recriminando di sentirsi “lasciato solo dai partiti”. Sia detto con tutto il rispetto per l’alta carica del Presidente, ma queste due commissioni erano proprio necessarie?  Averle messe in campo è come se gli italiani non fossero andati alle urne. O no?

Altra domanda dopo un mese di retorica beatificazione e zaffate di incenso: la Repubblica delle Novità è già finita? Non c’è più? Si è spenta serenamente e non ci ha lasciato nemmeno le sue ultime volontà? Tutto è rimasto sulle spalle di un signore di 88 anni, per carità uomo navigato e scafato, in politica dal 1953 – l’anno in cui si concludeva l’era degasperiana (il capo parlamentare più capace  dopo Cavour) –  ma non possiamo pretendere miracoli.

Certo il verdetto delle urne  di febbraio  lasciava intendere altre prospettive. Ricordate? Titoli psichedelici, talk show in deliquio, tiggì deliranti. E tutti a dire: abbiamo il Parlamento più verde della storia, 34 deputati sono sotto i trent’anni, le donne sono il 31%, la media anagrafica è la più bassa di sempre, appena 48 anni. E’ un altro 25 aprile. E giù scampanii, turaccioli in cielo, turiferari in estasi (sospettosa). La grillina Marta Grande, rea di avere solo 25 anni, veniva inseguita con pettegola curiosità ma guai a dubitare della sua esperienza pena l’accusa di essere reazionari.
Poi ci siamo svegliati. Dopo la “sventola” del primo Papa sudamericano, argentino con i genitori piemontesi, l’uomo che viene “dalla fine del mondo”. Era il 13 marzo. Ci siamo svegliati nel solito telefilm: le consultazioni vecchio stampo di Bersani (anche con il Touring club), il politichese quirinalizio dell’esito “non risolutivo”, il ritorno delle “convergenze parallele”. Mentre le tv militanti ci offrivano  loro pollai chic, tutti a scontrarsi sul presidente del Senato, Grillo contro la sinistra che lo corteggiava (e lo fa tuttora), il governo inabissato con la nave dei marò, MiniMario liquidato pure da Le Monde (“Per l’Europa è morto”). Uno spettacolo inatteso, desolante.

E sono arrivati i saggi. Lottizzati. Dopo lo schianto di Bersani è sceso in campo direttamente Napolitano scegliendo dieci “esperti” bipartisan. Tutti uomini, nessuna donna (ma Re Giorgio si è poi scusato). Un drappello diviso in due gruppi ristretti chiamati ad affrontare le due Grandi Emergenze: quella economica e quella delle riforme istituzionali (legge elettorale, taglio delle Province e dei parlamentari, superamento del bicameralismo perfetto, revisione della spesa. Occhio: il finanziamento dei partiti non sarà abolito, al massimo subirà un taglietto. Quelli mica sono fessi.
Intanto il Paese è rimasto in mano a Monti benchè non abbia la fiducia del nuovo Parlamento. Altra stranezza. I partiti, in castigo, non ci stanno. Il potere è tutto nelle mani di Napolitano:nessuno dei suoi dieci predecessori ne ha mai avuto tanto. Giorni fa durante la toccante visita a Stazzena (c’era pure il presidente tedesco  Gauck) Re Giorgio ha spiazzato tutti con un paio di frasi piene di sottintesi politici. Una in particolare ha colpito. E cioè: “Sto per concludere il mio mandato e questo probabilmente è l’ultimo atto pubblico che compio”. Sarà così?

Enrico Pirondini

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