Sarà un voto di rivolta?
Ci siamo, l’ora “x” delle urne si avvicina. E più si avvicina e più cresce il terrore che sarà Beppe Grillo a fare la differenza. Se persino il sobrio Monti si è messo a sparare contro il “simpatico comico” che riempie le piazze con il suo “populismo devastante” significa che il “fattore G” ha fatto scattare l’allarme rosso ovunque, specie nel Pdl e nel Pd.
Una cosa è certa, come ha osservato Aldo Cazzullo: ”Mai, nella storia delle democrazie occidentali, un partito fondato da un attore è arrivato a cifre anche lontanamente paragonabili a quelle che raggiungerà Beppe Grillo”. Vero. L’uomo Qualunque di Giannini, napoletano di Pozzuoli, fondò un giornale (800mila copie nel ’46) ed un partito. Prese agevolmente il 5%, ma si ritirò presto (e i suoi emigrarono nella DC anticomunista e nel nascente MSI). Nel ’48 il Fenomeno non c’era più. L’attore francese Coluche è durato ancor meno. Si era candidato per le presidenziali (1981) ma poi prese paura del successo che lo stava travolgendo e abbandonò.
Grillo invece tiene duro. In Sicilia è diventato la prima forza politica (15 seggi contro i 14 del Pd e i 12 del Pdl), diserta le tv ma riempie le piazze, gli scandali che scuotono la Politica sono il vento nelle sue vele. Il resto glielo offrono i numeri del governo Monti, il governo che doveva raddrizzare la barca: il debito pubblico è cresciuto di 81,5 miliardi di euro (+81,5%); gli investimenti sono diminuiti del 2,2%; la pressione fiscale ha fatto il record europeo (+45,1%), la spesa corrente dello Stato è lievitata di altri dieci miliardi di euro. Nel frattempo l’Italia è diventata un campione di masochismo: smantellata l’Ilva, rasa al suolo l’edilizia (persi 550mila posti), congelate le commesse indiane di Finmeccanica, supportate le banche che bruciano soldi con la “finanza predatoria”. Persino l’Agricoltura è snobbata, idem il turismo, l’editoria, le università. La Moda sta in piedi perché comprano russi e sceicchi. Ma fino a quando?
Da tempo l’elettorato chiede novità. Ma il vecchio sistema ha in gran parte disatteso la domanda. La sinistra ha avuto tra le mani la carta Renzi eppoi domenica si è ripresentata a Milano con Prodi. La destra è ferma a Berlusconi che , scampato all’agguato dell’Annunziata, si è fatto un brodino da Santoro ed ora sostiene che restituirà i soldi dell’Imu in due mesi e farà pure il “condono tombale ed edilizio”. Già che c’è ha pure promesso di spuntare gli artigli al mostro Equitalia per avere un fisco più umano. Persino Vendola appare “istituzionalizzato”, promette che farà il bravo se Bersani diventerà premier (farebbe il ministro come lo faceva Alfonsino tip-tap Pecoraro Scanio, l’uomo che preferiva i contrabbandieri ai tabaccai). Fini, povera stella, infila solo flop; ad Agrigento, giorni fa, ad ascoltarlo al cinema Astor c’erano al massimo una cinquantina di simpatizzanti. C’est Fini.
E i sondaggi? Vietati. In Italia c’è una norma vecchiotta, nata nel 1993 – concepita quando esistevano soltanto i media tradizionali ( radio,tv,giornali) – che impone il bavaglio . Una norma così l’abbiamo soltanto noi. La norma ignora che nel frattempo c’è una massa di informazioni che circolano su Internet in grado di influenzare comunque l’orientamento del pubblico. I sondaggi, per carità, si possono fare ma non pubblicare. Ora davanti a tanto vecchiume è probabile che non solo Grillo, ma anche altre forze anti-sistema saranno premiate. Ci aspetta un voto di rivolta?
Enrico Pirondini
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