Politica

Viadana, Sartori: “Altri
assessori si sono
scusati con l’Arcigay”

Che il sindaco di Viadana Giorgio Penazzi sia ormai nel mirino del Pd, partito che lo sostiene nella maggioranza allargata del consiglio comunale, è fuori di dubbio. Le stoccate arrivano da più parti e su più temi caldi.

Uno di questi riguarda le esternazioni di Penazzi sulla manifestazione dell’Arcigay organizzata per ieri a Mantova ed etichettata come “carnevalesca” dal primo cittadino viadanese. Sulla questione fu l’assessore alle Pari Opportunità Ines Sartori a condannare le frasi del sindaco e per tutta risposta ricevette una pubblica sconfessione: “se è insofferente, si dimetta”.

L’assessore Sartori è voluta tornare sul discorso, ammettendo che anche altri assessori hanno preso le distanze dalle dichiarazioni di Penazzi, pur non coinvolgendo la stampa.

Di seguito il comunicato di Ines Sartori.

La mia dichiarazione sulla manifestazione dell’Arcigay, in qualità di Assessore alle Pari Opportunità, è stata il tentativo di rimediare ad una presa di posizione che rischiava di collocare, ingiustamente, il Comune di Viadana in un’area di intolleranza e discriminazione. La presa di posizione del sindaco Penazzi appare molto lontana dalle valutazioni, ben più progressiste, in materia di diritti degli omosessuali espresse ultimamente non solo da Obama o Cameron, ma anche da esponenti della Chiesa cattolica.

D’altro canto la situazione era così delicata per il Comune che altri assessori si sono sentiti in dovere di chiedere personalmente scusa al Presidente dell’Arcigay di Mantova. Se non si sono sentiti di dissentire pubblicamente, come ha fatto la sottoscritta, questo è una loro scelta che non modifica l’essenza della cosa.

Il Sindaco è assolutamente libero di partecipare o meno alla manifestazione dell’Arcigay, ma è sicuramente dispregiativa la connotazione che ne ha dato definendola carnevalesca.

Le unioni tra omosessuali non sono nelle “linee programmatiche dall’amministrazione”? Ma neanche il dibattito sul fine-vita o sull’inseminazione artificiale o sul diritto di cittadinanza ai figli stranieri nati in Italia. Devo dedurre che non si possa esprimere la propria opinione se questa non è in linea con… l’amministrazione, la coalizione o il partito?

E poi, perché considerare la discussione sui diritti delle minoranze come “un atto di guerra”? Come mai si risponde con il bazooka della “lesa maestà”  disprezzando solo adesso il mio operato?

Quelle che il Sindaco definisce come mie “insofferenze” altro sono che l’esercizio del libero pensiero. Che a me non crea nessun problema, ma forse ad altri sì!

Quanto al volgare riferimento allo “stipendio” da impiegare “in un modo più decoroso ed utile” , mi pare, prima di tutto, una vertiginosa caduta di stile. Il Sindaco sa benissimo che da 25 anni vivo del mio lavoro e non dei circa 400 euro di rimborso come Assessore. Sono altri, sia a livello locale che nazionale, quelli che vivono con “lo stipendio della politica”. Direttamente od indirettamente grazie ai “ritorni” che l’attività politica può generare nei privati interessi. Basta sfogliare un qualunque giornale.

Il  Sindaco sa anche che ho ben presente la caratteristica fiduciaria della nomina di assessore come io stessa ho voluto chiarire, direttamente con lui, in una lettera del 4 settembre 2012 alla quale non ho avuto risposta. Pertanto ribadisco che per me l’attività politica non si trasforma nell’adesione al pensiero pre-confezionato. Non sostituisce l’esercizio della dialettica democratica. Non si deforma per aderire alla cieca regola dell’ appartenenza o dell’opportunismo politico.

Se il Sindaco, che mi ha dato l’incarico ritiene non più in essere il rapporto fiduciario o se, come egli afferma, ritiene di poter impiegare più proficuamente i 400 euro di compenso, è sua piena facoltà procedere di conseguenza. Io, serenamente, prenderò atto della cosa.

Ma se questo avverrà, sia chiaro, non sarà certo per la sola divergenza sulle “carnevalate”, bensì per altre e più profonde differenze sul modo di intendere i rapporti tra le persone e l’impegno in politica.

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